Quel giorno l'Italia si scoprì più debole, la tristezza e l'incredulità albergarono nel cuore dei siciliani onesti, della gente per bene che ritrovava in Peppino il vessillo della legalità e della trasparenza.
Peppino si era apertamente schierato contro la mafia, mostrando grande coraggio nel denunciare imbrogli e misfatti.
Denunciava Cosa Nostra dai microfoni di Radio Aut di Cinisi, senza rinunciare all'ironia e con un occhio particolare per il boss Gaetano Badalamenti, da lui ribattezzato Tano Seduto.
Peppino venne imbottito di tritolo e fatto saltare sui binari della linea ferroviaria Palermo-Trapani. La mafia voleva che si credesse che Impastato stesse preparando un attentato terroristico.
Solo la determinazione della madre di Peppino, Felicia, e del fratello Giovanni, fece emergere la matrice mafiosa dell’omicidio, riconosciuta nel maggio del 1984 dal tribunale di Palermo.
Per questo omicidio Badalamenti fu condannato all’ergastolo come mandante.
La vita e l'impegno di Peppino costituiscono per noi tutti un termine di confronto, un argine alle nostre paure ed uno sprono a non girare mai la testa dall'altra parte ma avere il coraggio della coerenza.
Don Angelo